Non chiamateli bottoni

24.10.2024
Collezione La Galliavola
Collezione La Galliavola

I netsuke. Questo articolo sarà diviso in più parti (la lunghezza dipenderà anche dall'entusiasmo), perchè i netsuke meritano un enorme spazio nel mondo dell'arte orientale.



Ma voi lo sapete cosa sono i netsuke? Ma soprattutto....                                                                                                                 Lo sapete che il kimono non ha bottoni e non ha tasche quindi, questi, non sono bottoni.

Il termine netsuke si può tradurre come "radice che trattiene", essendo, in origine, un semplice pezzo di legno o di bambù, non decorato e con due fori aventi come funzione il farvi scorrere una cordicella.

L'utilità del netsuke è quindi molto semplice e pratica :  nei tradizionali abiti maschili giapponesi non vi sono tasche; le donne potevano usare le ampie maniche per riporre piccoli oggetti, gli uomini avevano invece i sagemono ( letteralmente : oggetto appeso) : piccole scatole, solitamente in legno laccato, che venivano usate per riporre medicinali, tabacco o sigilli.  Per poter appendere queste piccole scatole alla cintura dell'abito veniva utilizzata una cordicella di seta che, passando attraverso i due fori (himotoshi), teneva ben saldi i sagemono.                                                                                                                                                                   


Immagine Netsuke - Collezione Tamanini
Immagine Netsuke - Collezione Tamanini

 La necessità di avere medicine o profumi a portata di mano, contribuì all’aumento dell’utilizzo dei netsuke ma l’aumento di richiesta avvenne , agli inizi del XVIII secolo, con l’introduzione in Giappone del tabacco.                            Nel giro di pochi anni non vi era alcun uomo, di qualunque classe sociale, che non possedesse una piccola tabacchiera attaccata alla cintura e fermata da un netsuke. 

I netsuke dovevano essere piccoli e compatti ma, soprattutto, senza protuberanze o spigoli che potessero impigliarsi nelle vesti. 

Tutta la procedura di allacciare e chiudere correttamente l’obi veniva svolta quotidianamente e, solo all’apparenza, risulta ai nostri occhi di facile esecuzione. Inoltre, nella vestizione completa, non esisteva solo il netsuke ma possiamo pensare ad un vero e proprio “corredo” che comprendeva anche un inro, un netsuke ed un ojime. L’ojime, un piccolo “ciondolo” che costituisce il trait d’union tra il netsuke e l’inro : un meticoloso lavoro di cesellatura, prevalentemente su metallo, ma anche in avorio, corno, corallo e altri materiali.                                                                                                                                                                   Essendo un oggetto con un peso molto contenuto, la quantità di metallo utilizzata era proporzionale ed il materiale ritenuto più adatto era l’argento, a discapito del bronzo o del ferro.  Gli incisori si dedicarono a lungo alla decorazione di questi preziosi ninnoli, impiegando oltre all’argento anche l’oro, facendo sfoggio di preziosi trafori, di alti e bassi rilievi o incrostazioni in oro, eseguite a freddo e lavorando con il bulino le parti in rilievo.

Da notare, infine, che l’accostamento netsuke/ojime/inro non era mai casuale. Nonostante i tre oggetti fossero di materiale e fattura differenti tra loro , nel loro insieme andavano a creare una vera e propria “parure”, assolutamente omogenea ed elegante.

A testimonianza della cura con la quale venivano eseguiti, va notato che i più grandi carvers, hanno dovuto gestire veri e propri problemi di bilanciamento, in modo che la parte anteriore o il volto del netsuke, fosse sempre rivolto verso l’esterno.

Collezione La Galliavola
Collezione La Galliavola

Alla fine del XVIII secolo il netsuke e l’inro erano ormai oggetti di uso quotidano e completavano il vestito maschile a qualunque classe sociale fosse destinato. Con il tempo il nostro piccolo contrappeso era, però, andato a trasformarsi dal rozzo pezzo di legno in minuscole opere d’arte di legno, di avorio o di altri materiale preziosi.

Brevissima divagazione su cosa sia l’inro, in quanto, il netsuke rappresenta proprio il completamento dell’inro stesso. Il nome stesso indica la sua origine : IN (sigillo) RO (scatola). Dalla Cina venne tramandata fino al Giappone, l’usanza del sigillo personale che veniva impresso come firma; per averlo sempre con sé si utilizzava una piccola scatola tonda o rettangolare a due scomparti ( uno per il sigillo ed uno per la cera) e, con il tempo, questo accessorie divenne il simbolo di appartenenza ad un elevato ceto sociale.


Collezione La Galliavola
Collezione La Galliavola

Ricordando lo scopo originario dei netsuke, ovvero fornire un punto a cui poter attaccare con sicurezza un peso, si spiega come mai questi oggetti fossero forniti sempre di un’apertura (il più delle volte rappresentata dalla curvature del gomito di un personaggio, la coda di un animale, l’insenatura di un paesaggio) attraverso la quale potesse passare facilmente, ma anche armoniosamente, la cordicella.                                                                                                                Altre volte si sceglieva di intagliare due fori su retro del netsuke, chiamati himotoshi, all'interno dei quali si faceva scorrere la corda per poi fermarla con un piccolo nodo.