Fierolocchio
I ciechi sono un tema ricorrente nei netsuke con cui i carvers vogliono riprodurre la quotidianità nella sua più schietta, a volte crudele, rappresentazione. La cecità ha quindi due aspetti : quello brutale ed invalidante, con il viso del cieco deformato dallo sforzo e dalla disabilità e quello della resilienza (sì, ho usato anch'io questo termine…ora me ne pento.) e della capacità di adattarsi, di trarre il meglio anche dalle situazioni difficili.
Sappiamo ormai che ogni netsuke ha una sua storia, un bufalo non è semplicemente un bufalo, un oni che scappa da dei fagioli arrostiti racconta tutta una storia di tradizione e cultura; così come un cieco non è un semplice cieco.
Nei netsuke la cecità è talvolta simbolo di una percezione diversa dalla realtà. Alcuni ciechi, specialmente nelle rappresentazioni popolari, possono essere associati alla saggezza interiore o alla capacità di percepire aspetti della vita che gli altri non vedono.
Nell' universo dei netsuke si conoscono molti ciechi, vestiti come monaci, con il viso grottescamente deformato da un occhio sporgente e privo di vita, alcuni portano solidi bastoni, altri sono rappresentati seduti mentre cantano e strimpellano le loro biwa. Spesso li si vede lenire i dolori muscolari di un cliente con l'anma, l'antica tecnica di massaggio giapponese, per tradizione praticato esclusivamente ai Samurai.
Una delle rappresentazioni più note nei netsuke riguarda il mendicante cieco , una figura ricorrente nella cultura tradizionale giapponese. Durante il periodo Edo, le persone non vedenti, in particolare quelle che erano mendicanti, avevano spesso una posizione marginale nella società. Molti di loro vivevano per strada e si guadagnavano da vivere suonando un flauto o strimpellando le biwa (piccoli liuti a quattro corde); con questi strumenti che richiedevano una certa abilità, il mendicante sperava di attirare l'attenzione e la pietà dei passanti e ottenere qualche moneta.
I netsuke che rappresentano ciechi sono straordinariamente dettagliati, con una particolare cura alla riproduzione delle espressioni facciali e dei piccoli, a volte apparentemente insignificanti, dettagli.
Il nostro netsuke di un cieco con il bastone va quindi guardato con maggior attenzione : il viso è sereno, la sua espressione non lascia trasparire né dolore fisico, né emarginazione. E' il volto di chi ha trovato la pace con sé stesso e con il resto del mondo, nonostante non lo veda.
O forse proprio perché non lo vede.

Quindi, se mai vi verrà voglia di prendere in mano un netsuke, non fermatevi alle prime impressioni : guardate i dettagli, immaginatevi il perché di quel viso così sereno. Raccontatevi una storia.
Non è importante se poi la storia è quella giusta, se è quello che il carver voleva trasmettere. E' diventata la vostra storia. Vostra e del netsuke.
Poi, chiariamo un attimo : io vi posto la foto di un netsuke che non è proprio tra gli ultimi pezzetti di avorio : oltre al viso, i dettagli dell'abito, dei sandali, delle mani appoggiate al bastone, fanno la differenze e donano una raffinatezza ed un'esperienza visiva e tattile che non troverete ovunque.
Dopo questo viaggio introspettivo che ci vuole sempre per attirare i lettori più colti, vi posto un soggetto molto comune ma che spesso è stato mal interpretato. In realtà ci sono semplicemente due correnti di pensiero diverse. Scegliete voi quella che più vi aggrada.
Una fa ridere, l'altra no.
Uno dei più intriganti netsuke è la famigliare rappresentazione di un cieco che si sforza di sollevare un enorme masso.

Questo soggetto, per lungo tempo, è stato identificato semplicemente come "il sollevatore di pesi"; il masso in questione è un chikaraishi (o pietra da sforzo), usato almeno a partire dall' VIII secolo e ancora oggi se ne può trovare in alcuni templi Shinto, dove venivano impiegati per delle gare di forza e per riti di divinazione.
Si dice anche che, simili pietre, di grandezze diverse, si trovavano sui moli del porto : un facchino veniva pagato in proporzione al peso del masso che riusciva a sollevare.
Non c'è però nulla che giustifichi il legame tra questi massi e l'essere ciechi. In effetti : già sei cieco, in più ti metti a sollevare massi più grossi di te senza ottenere nessun vantaggio.
L'avevo detto che non faceva ridere.
La seconda interpretazione, invece, si è fatta strada con il tempo, quando, guardando con più attenzione e non trovando un filo logico al cieco che solleva un masso così tanto per, ecco che alcuni studiosi (non io, alcuni studiosi) snocciolano la seconda interpretazione : il cieco è sì un cieco, ma quello che solleva non è un masso ma sono i suoi enormi testicoli.
Bene, smettetela di ridere.
Il cieco rappresentato è tale a causa di una malattia di origine parassitaria, chiamata lynphoedeme che l'ha reso non vedente e con un'invalidante malformazione. Non è sicuramente la prima volta che la derisione di un dramma viene utilizzata nell'arte per esorcizzare il dolore e la paura.
Inoltre, nel libro di Alain Ducros, in cui si fa riferimento proprio a questo soggetto, egli afferma che il nostro cieco potrebbe essere anche la rappresentazione del proverbio "Kintama mo tsuri kata" che potrebbe essere letteralmente tradotto in "per ogni borsa c'è un modo per sostenerla" detto usato per un funzionario disonesto che viene promosso grazie alle sue conoscenze. Oppure, "i testicoli dipendono da come li sollevi" ovvero : "le cose cambiano a seconda di come le guardi".
E' tutto vero. Non è farina del mio sacco, trovate la citazione a pag. 44 di " Netsuke, art, magie et médecine" .
Io direi che finisco qui.